Sommario. 1. Premessa: l’evoluzione della CMS. 2. Metodologia di calcolo delle CMS: elementi di iniquità. 3. L’orientamento della giurisprudenza negli ultimi anni: verso la nullità della CMS. 4. La legge n. 2/09: dietro la nullità il raddoppio della CMS. 5. La CMS entrano nel calcolo del TEG: le nuove Istruzione della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi ai fini della legge sull’usura. 5. Sintesi e conclusioni.
La Commissione di Massimo Scoperto viene ormai applicata, dalla generalità delle banche, ai rapporti di conto per le esposizioni, anche momentanee, a debito. In presenza o meno di un fido, l’utilizzo di disponibilità a debito viene gravato da un onere commisurato al massimo scoperto del trimestre, indipendente dalla durata dello stesso.
Tale Commissione, nell’accezione classica e tradizionale, era stata introdotta nel ’47 con la funzione di compensare l’intermediario bancario per l’onere di dover sempre essere pronto a fronteggiare l’utilizzo di un fido concordato: per la parte utilizzata, il corrispettivo per la banca era costituito dagli interessi, per la parte non utilizzata, la pronta disponibilità era remunerata dalla menzionata commissione.
La CMS così intesa (commissione per il mancato utilizzo), se rapportata all’onere a cui va incontro la banca per essere sempre pronta a prestare fondi sino a concorrenza del fido, dovrebbe risultare assai modesta. L’intermediario gestisce la liquidità necessaria sulla base di previsioni riferite all’intero aggregato della clientela, compensando le posizioni a debito con le posizioni a credito e reperendo/impiegando il saldo risultante. Se in passato la pronta liquidità aveva costi apprezzabili connessi alla necessità di moneta fisica e agli obblighi di riserva, l’evoluzione subita dalla normativa e dall’organizzazione del mercato monetario, congiunta alla notevole flessione dei tassi, rende l’onere in parola assai modesto: alla disponibilità non corrisponde più la fisicità e il canale telematico, di regola, rende il reperimento/impiego dei fondi pressoché immediato. D’altra parte la disponibilità della banca a finanziare prontamente il fido concesso è frequentemente unita alla prerogativa che la banca si riserva di revocare, in tutto o in parte, il fido stesso unilateralmente e immediatamente: tale circostanza, congiuntamente allo jus variandi, ridimensiona apprezzabilmente il servizio di pronta disponibilità dei fondi, tutelando la banca da eventualità che possano far lievitare i costi del servizio stesso2.
Risulta arduo giustificare con i costi del servizio di pronta disponibilità, importi di CMS che negli ultimi anni hanno assunto talora valori prossimi a quelli degli interessi. Risulterebbe poi ingiustificata detta commissione per i conti scoperti: per utilizzi oltre il fido e/o negli affidamenti di fatto, la banca non mantiene in disponibilità del cliente alcuna somma di denaro, curando bensì un servizio di pronto e momentaneo affidamento.
2 L’art. 1845 c.c. prevede che il recesso sospenda immediatamente l’utilizzazione del credito, ma che la banca debba concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate, ma di fatto, il “salvo patto contrario” previsto nel 1° comma dell’articolo, ha consentito alle banche di inserire la previsione contrattuale di recesso in qualsiasi momento, anche con comunicazione verbale, ancorché l’apertura di credito sia concessa a tempo indeterminato e con l’obbligo del correntista, mediante preavviso di un giorno, alla restituzione del credito.
In forza della peculiare posizione di privilegio contrattuale, l’operatore bancario è venuto occupando gli ampi spazi lasciati all’autonomia negoziale dal codice civile per prevedere, nei contratti di adesione sottoposti alla clientela, una commissione di massimo scoperto, senza alcuna indicazione del criterio di calcolo, salvo poi esercitare il diritto di “scritturare” nel conto corrente importi che, anziché essere commisurati alla quota di fido prontamente utilizzabile, integrano l’interesse, risultando calcolati sul massimo utilizzo del periodo di riferimento.
Le Norme Bancarie Uniformi, adottate pressoché dalla totalità degli operatori bancari associati all’ABI, più che recepire prassi ed esigenze di mercato, impongono vincoli e condizioni che, sedimentandosi nel tempo, finiscono talvolta per determinare usi e consuetudini ad esclusivo favore dell’operatore bancario, risultando di fatto impedita ogni forma alternativa di contratto. Nonostante taluni interventi di censura curati negli anni passati dalla Banca d’Italia, le indicazioni uniformi suggerite dall’ABI inducono significativi elementi di uniformità nell’offerta del servizio e apprezzabili limitazioni alla concorrenza, risultando completamente coartata la libertà negoziale dell’utente bancario.